Per la prima volta al mondo è stato eseguito alle Molinette-Città della Salute un trapianto sequenziale di microbiota fecale e di fegato, in collaborazione con il Policlinico Gemelli di Roma
Roberto (nome di fantasia), 56 anni, operaio con un passato nella Marina, racconta di come l’infezione intestinale l’avesse aggredito e ridotto ormai in fin di vita dopo un precedente intervento. «Ho sempre avuto problemi di policistica a reni e fegato e sono sempre stato sotto cura e sovrappeso, oltre i 100 chilogrammi – spiega –, poi ho dovuto fare un intervento a un ginocchio e sembrava essere andato tutto bene, ma dopo tre settimane sono iniziati i problemi di ittero e infezioni intestinali. Sono rimasto a letto quattro mesi e sono finito in ospedale ma non riuscivano a farmi migliorare, finché mi hanno ricoverato in terapia intensiva alle Molinette. Tutti si occupavano di me, dai medici agli oss, ma soprattutto mi hanno proposto il trapianto». Certo, «le 50 pastiglie di materiale fecale trattato da prendere per poter fare il trapianto di fegato non sono state una passeggiata, ma hanno fatto in modo che non mi pesasse e sono sopravvissuto» sottolinea riferendosi al trapianto di microbiota. «Adesso sono anche dimagrito, sono sui 70 chilogrammi e praticamente i miei vestiti e le mie scarpe sembrano di un altro. Riesco già ad alzarmi da solo, nonostante il ginocchio, per cui dovrò rifare l’operazione, perché comunque non è andata bene, la protesi si è sganciata. Dal trapianto sono venuto a casa prima di Natale e ogni giorno sento la differenza in meglio. Mi seguono col day hospital benissimo, sono un’eccellenza, non solo perché mi hanno salvato la vita.
«Al di là dell’uso compassionevole in deroga fatto in questo caso, con tutto l’iter di autorizzazioni che è stato necessario richiedere, dovrebbe essere organizzato uno studio clinico per poterla far diventare una prassi ordinaria – spiega Renato Romagnoli –. Il trapianto di microbiota è stato possibile grazie al lavoro del Policlinico Gemelli di Roma, perché per questo paziente sarebbe stata impossibile la somministrazione con colonscopia, troppo a rischio sepsi. L’unica via era quindi un donatore di microbiota, sano, in modo che tutto l’insieme di organismi di questa persona sana potesse sostituire quello del paziente. E il donatore è arrivato attraverso il Gemelli. Appena abbiamo visto che si abbassavano le cariche batteriche dei germi antibioticoresistenti, uno del tutto, l’altro in parte, abbiamo chiesto d’urgenza il trapianto di fegato. Ed è questo che a permettere che i germi cattivi non si riproducano più ora. Senza il trapianto di microbiota il rischio infettivo col trapianto di fegato sarebbe stato troppo elevato. Farne una prassi, dal momento che grazie al Gemelli la tecnologia per preparare il microbiota sano c’è, può cambiare il futuro di tanti trapianti. I germi antibioticoresistenti vengono acquisiti in ospedale, dove si selezionano per il fatto che si curano le persone con gli antibiotici e quelli resistenti sopravvivono e aggrediscono un paziente debole, che a quel punto si trova in un vicolo cieco».
L’operazione è stata resa possibile grazie alla collaborazione tra l’équipe delle Molinette e il direttore della Medicina interna e Gastroenterologia e del Centro malattie dell’apparato digerente della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma, Antonio Gasbarrini, pioniere in Italia, con i professori Gianluca Ianiro e Giovanni Cammarota, del trapianto di microbiota fecale e autore delle linee guida internazionali sul trapianto.