Foto di Paolo Liaci
(Lo scatto, con alcune garze che sembrano formare delle rose, è stato effettuato nella sala operatoria della Chirurgia dei Trapianti del Policlinico di Milano).
I trapianti al tempo del Covid-19
La gigantesca mano rugosa di un minuscolo virus che appoggia i suoi pesanti polpastrelli sulle nostre vite. Le nostre vite come fiori di tarassaco nel turbinio di questi giorni. Nel silenzio della città mentre urlano le ambulanze, gridano le radio, si accavallano i notiziari, si gonfia di appelli internet, dati drammatici si incrociano in un turbinio confuso.
Fuori, i fiori che si aprono al sole e si chiudono la notte; il fruscio dell’erba; il cinguettio irrispettoso delle cinciallegre; e poi i minuti che si rincorrono ansimando nei silenziosi reparti ospedalieri e nelle rianimazioni. Nella notte di questi giorni che sembrano soccombere schiacciati da una imprevedibile calamità, piccole cose, piccole cose ancora succedono. La vita, schiacciata in qualche angolo, fa capolino, incredula. É la piccola grande storia dei trapianti.
Abbiamo provato a resistere, come capitani Achab nella tempesta. Al 31 dicembre 2019, mentre i primi 27 pazienti affetti da Coronavirus venivano identificati a Wuhan, Cina Sud-orientale, in Italia 1.031 pazienti erano in lista di attesa per un trapianto di fegato. Nel 2019 ne erano stati effettuati 1.302. Per questi nuovi pazienti in attesa, una speranza, una luce in lontananza che si avvicinava.
Poi la crudele spallata del Virus. Gli Ospedali e le Rianimazioni sconvolte, gli anestesisti-rianimatori dislocati, il moltiplicarsi dei letti di Rianimazione. La Lombardia capace normalmente di 750 letti di Rianimazione, riusciva ad aprirne sino a 1.381 il 4 aprile. L’organizzazione dei trapianti dovette adattarsi. Gli specializzandi addetti ai trapianti, spina dorsale di un sistema sanitario tanto bistrattato negli ultimi anni tanto da rendere i medici delle comparse sotto le direttive di politici, economisti ed amministrativi, si offrivano volontari nelle Rianimazioni per i pazienti affetti da COVID. Le Rianimazioni non erano in grado di occuparsi di donatori d’organo, nonostante la disponibilità di tante famiglie. Secondo i dati NIT dal 23 febbraio, data dell’inizio vero della epidemia in Lombardia, al 23 marzo, abbiamo assistito ad una drastica riduzione dei donatori d’organo in Lombardia.
Abbiamo ascoltato le parole spaventate dei pazienti in lista di attesa per trapianto. Abbiamo ascoltato sgomenti le parole al telefono di nostri Colleghi Epatologi che hanno continuato a visitare i pazienti in lista per trapianto e che si sono fermati dopo essere stati essi stessi contagiati dal virus. Abbiamo anche visto rinascere a nuova vita alcuni pazienti che in questi giorni sono stati trapiantati, comunque. I possibili donatori ed i riceventi venivano sottoposti a Test per Coronavirus secondo indicazione del Centro Nazionale Trapianti.
L’attività di trapianto è proseguita, tra enormi difficoltà. Il sistema dei trapianti ha retto e, anche se oggi il virus appare solo indebolito, sappiamo di poter contare sempre su famiglie generose e disponibili alla donazione, per ridare vita ai pazienti in attesa. Per ridare vita anche a questo Paese.
(Umberto Maggi, Chirurgo del Centro Trapianti di Fegato – Fondazione IRCCS Ca’ Granda Policlinico di Milano)
Fonte Aido.it